Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è uno dei tre parchi nazionali presenti in Abruzzo ed è una delle riserve naturali protette più grandi d’Italia.
All’interno del Parco il territorio è in gran parte montano, con più di venti vette che superano i 2000 metri di altitudine, ed è caratterizzato dalla presenza di tre gruppi montuosi, i Monti Gemelli, i Monti della Laga e la catena del Gran Sasso d’Italia. La posizione geografica del parco, i rilievi presenti e la varietà dei paesaggi portano una sorprendente ricchezza dal punto di vista sia floreale che faunistico. La dimensione del Parco ha portato alla formazione di 11 Distretti ambientali turistico-culturali, ovvero aree nelle quali poter attivare progetti di valorizzazione e di coordinazione dell’attività turistica.
Le foreste ricoprono circa la metà del territorio montuoso del Parco con numerose tipologie di boschi, come lecci, querce, pioppi, castagni, faggi e betulle, che nelle diverse stagioni dell’anno creano paesaggi dai colori meravigliosi. Il territorio agrario del Gran Sasso si presenta come un paesaggio antico e diversificato che affonda le radici nel periodo italico. In particolare il versante meridionale del Gran Sasso vede non solo l’esistenza di estese aree pascolive ma anche la presenza di campi aperti, di coltivazioni di zafferano, di oliveti e di vigneti.
Gli aspetti naturalistici non sono l’unica bellezza del Parco che si contraddistingue per l’esistenza di un perfetto connubio tra natura e insediamenti urbani. Nell’area del parco, infatti, si trovano diversi borghi fortificati e paesi che, grazie alle loro particolarità architettoniche e culturali e alle loro tradizioni enogastronomiche e folkloristiche, sono località davvero uniche. Eccellenti esempi sono Calascio, Castelvecchio Calvisio, Castel del Monte, Santo Stefano di Sessanio, Campli e Pietracamela.
CASTELVECCHIO CALVISIO
Si ha notizia del primo castello e delle prime chiese dal Chronicon Vulturnense nel 779. L’attuale borgo fortificato, raro esempio di pianificazione medievale, nacque invece nel XII secolo. Il borgo fece parte della famosa baronia di Carapelle, che prese il nome dal Demanium Carapelle, comprendente anche il limitrofo comune di Carapelle Calvisio e che incluse successivamente i castelli di Calascio, Rocca Calascio e Santo Stefano di Sessanio.
Numerose testimonianze epigrafiche romane e preromane indicano che il territorio fu popolato da tempi remoti e in epoca romana pare certa la presenza di una Villa Calvisia detta nel periodo altomedievale Villa Magna, situata nella valle tra Castelvecchio e Carapelle Calvisio.
Il borgo rimase nei secoli legato all’economia agricola e pastorale, finché non si incrementò lo spopolamento nel primo Novecento per via dell’emigrazione.
CALASCIO
Il fortilizio di Rocca Calascio, situato a 1460 metri d’altezza, è tra le fortificazioni più alte d’Italia e domina da tale altura la valle del Tirino e della piana di Navelli.
Efficacissimo punto di osservazione militare, permetteva di comunicare con gli altri castelli, fino alla costa adriatica, mediante l’ausilio di torce durante la notte e di specchi nelle ore diurne.
Ai piedi della rocca sono presenti anche i ruderi dell’antico borgo, al quale essa è collegata con un ponte di legno. Nel 1703 un disastroso terremoto ha danneggiato sia la rocca che il borgo. Restauri conservativi ed integrativi sono stati compiuti tra il 1986 ed il 1989. Rocca Calascio è anche famosa per aver ospitato, in più occasioni, grandi set cinematografici, tra cui i film: “Lady Hawke”, “Il Viaggio della Sposa”, “Padre Pio”, “Il Nome della Rosa”, “L’orizzonte degli eventi”, “The American”.
SANTO STEFANO DI SESSANIO
Santo Stefano di Sessanio fa parte del Club dei Borghi più belli d’Italia ed è in effetti tra i più suggestivi del Parco, per l’armonia degli elementi architettonici: un cammeo incastonato tra i monti, prossimo all’altipiano di Campo Imperatore. La conservazione dell’impianto insediativo in perfetta continuità con il paesaggio circostante, fu dovuta, paradossalmente, al pressoché totale spopolamento che il paese ha subito nella seconda metà del ‘900, ma anche alla scelta virtosa di dar vita ad una “Carta dei valori per Santo Stefano di Sessanio”, che nell’agosto 2002 fu sottoscritta dal Comune, dall’Ente Parco e dalla Società Sextantio, che ne ha rilanciato uno sviluppo turistico sostenibile nella forma dell’albergo diffuso.
Il paese venne eretto tra l’XI il XII secolo sui ruderi di un pago chiamato Sextantio, dal latino “Sextantia”, ad indicare la distanza di sei miglia romane da Peltuinum, importante crocevia dei traffici che da Roma giungevano sulla costa adriatica, e deve la sua prosperità, sin dai tempi più remoti, alla centralità rispetto ad assi viari strategici come le vie consolari Valeria e Claudia Valeria e, in seguito, alla vicinanza con il Tratturo regio, strada maestra della transumanza di connessione tra L’Aquila e Foggia.
Nel XIII secolo appartenne alla Baronia di Carapelle, divenendo in seguito possedimento dei Piccolomini e quindi, dalla fine del XVI secolo, della potente casata medicea. E’ sotto la guida di Francesco de’ Medici che il borgo visse il suo periodo di massimo splendore, intorno al commercio della lana “carfagna”, una lana nera di tipo grezzo prevalentemente usata per le uniformi militari e per il saio dei monaci, prodotta a Santo Stefano e lavorata a Firenze.
Nel XVIII secolo, il borgo entrò nell’orbita del Regno delle Due Sicilie e divenne possedimento privato del Re di Napoli fino all’Unità d’Italia. Il nucleo centrale medievale è dominato da un’imponente torre merlata, di forma cilindrica, detta Torre Medicea che, distrutta dal terremoto dell’Aquila del 2009, è in fase di ricostruzione.
CASTEL DEL MONTE
Definito come “la capitale dei pastori”, Castellum de Montis rende l’idea di centro fortificato incastonato tra le montagne.
Di origine vestina, la presenza romana (IV a.C. – VIII d.C.) s’incentrava sulla pastorizia e sulla transumanza, dando lustro e relativo benessere economico alla zona. Gli assalti dei goti, visigoti ed unni indebolirono il sistema di controllo romano che gradualmente si allontanò da queste zone.
Alla fine dell’VIII sec. d.C. la popolazione si raccolse nei pressi della chiesa di S. Marco, che faceva parte dei possedimenti dei monaci volturnensi di S. Pietro ad Oratorium, dando vita al centro abitato di Marcianisci o Marzanisci.
Nel 1298 Castel del Monte divenne un possedimento dei duchi di Acquaviva di Atri, nel 1474 passò agli Sforza e successivamente ai Piccolomini che lo cederono a loro volta nel 1579 ai Medici.
Agli inizi del XX secolo la fiorente economia pastorale permise l’edificazione di strutture pubbliche, ma dopo i due conflitti mondiali la popolazione di Castel del Monte diede vita ad una massiccia emigrazione verso la Francia ed il Belgio.
Uno dei problemi principali dei centri fortificati di alta quota è rappresentato dalla mancanza di spazio. Nel caso di Castel del Monte la popolazione ha cercato di rimediare facendo largo uso dei cosiddetti sporti: si tratta di gallerie che coprono porzioni di percorsi viari e al di sopra dei quali si sviluppano due o più piani abitati. Gli sporti sono dunque degli archi scavati all’interno della roccia calcarea: essi permettono il collegamento tra i vari nuclei abitativi del borgo.